LE VIE DELL'AMORE E DELLA
VERITA' CONDUCONO L'UOMO ALLA LIBERAZIONE
Visita pastorale di S.S. Giovanni Paolo II in occasione
del 50° anno della Parrocchia
Domenica 12 Febbraio 1984
Saluto alle varie componenti della
vita parrocchiale.
Voglio prima di tutto salutare i presenti: bambini,
bambine, ragazzi, ragazze, genitori, insegnanti. E poi le
suore Sacramentine e i padri Cappuccini che guidano questa
parrocchia di sant'Ippolito. Voglio salutare coloro c he si
trovano in questo cortile, ma anche tutte le persone
affacciate ai balconi e alle finestre dei palazzi che stanno
tutto intorno a noi. Voglio esprimervi la mia gioia per
questo incontro, per questa visita che vi faccio oggi, 12
febbraio: è un giorno freddo, ma dove ci sono i bambini il
freddo non si sente, perché loro scaldano l'atmosfera,
soprattutto con la loro gioia. E io vi ringrazio per questa
gioia, che conferma la purezza dei vostri animi, dei vostri
cuori. E di ciò gioisco anch'io profondamente. Vi ringrazio
per i doni molto significativi; vi ringrazio per il pane,
che ci nutre e inoltre ci parla di Gesù, che si è fatto Pane
di vita eterna per noi tutti. ciò lo ricordo particolarmente
ai bambini che si preparano alla prima Comunione.
Grazie per il dono della lampada; perché la luce simboleggia
la nostra fede tra le tenebre del mondo. Che questa fede sia
sempre forte, perseverante, ferma. E' l'augurio che faccio
in modo speciale ai ragazzi e alle ragazze che si preparano
a ricevere la Cresima. Vi ringrazio pure per i fiori che mi
avete donato, perché i fiori significano anche fioritura
spirituale. E come possono fiorire spiritualmente i giovani?
Possono farlo con la bontà, con l'amore, coltivando le
virtù. Io vi auguro di fiorire spiritualmente come questi
stupendi fiori che avete offerto al Papa. E in questo cerco
di imitare meglio che posso Gesù, che ha tanto amato i
bambini. Voi siete una grande speranza, rappresentate il
futuro di questa comunità.
Siete tutti parte di una numerosissima comunità che
porta il nome di un grande martire, sant'Ippolito. La vostra
è una comunità cristiana, comunità di fede, comunità di
Battesimo, comunità dell'Eucaristia, comunità dell'amore. Io
vi auguro di essere sempre comunità e di diventarlo sempre
più. Perché non basta essere cristiani; lo si deve diventare
sempre più, dobbiamo essere continuamente più cristiani. E'
un processo che dura tutta la vita ed è meraviglioso. Non
c'è cosa più bella, più concreta del programma del Vangelo
che ogni vero cristiano è chiamato ad osservare. Mi rallegro
molto della missione che vi apprestate ad intraprendere
nelle due prossime settimane. Servirà senz'altro di
approfondimento e al progetto di vita cristiana che ci viene
dal Vangelo.
Vi auguro che questo periodo e questa missione
siano fruttuosi.
Voglio inoltre salutare i padri Cappuccini a cui è
affidata questa parrocchia. E mi rallegro per la circostanza
del cinquantesimo di fondazione della parrocchia. Come
faceva notare il vostro parroco ciò avvenne nel 1933, anno
in cui si celebrò l'ultimo Giubileo della Redenzione. Auguro
che la ricorrenza cinquantenaria della vostra chiesa e
questo nuovo Giubileo che stiamo ora celebrando portino ogni
bene a tutti i cristiani e specialmente alla vostra
parrocchia che è così legata al mistero della Redenzione.






Omelia nella
Celebrazione Eucaristica
6a domenica tempo ordinario - Anno A (Sir 15,
15-20; Sal 118; 1Cor 2, 6-10; Mt 5,17-37)
"Maestro che devo fare di buono per ottenere la vita
eterna?". "Osserva i comandamenti" (Mt 19,16-17).
Questa domanda e questa risposta ci tornano alla memoria
quando ascoltiamo con attenzione le letture della liturgia
odierna. Il tema principale di queste letture è infatti
quello dei comandamenti di Dio, la legge del Signore. Di
essa canta oggi la Chiesa nel salmo responsoriale:
"Beato l'uomo di integra condotta,
che cammina nella legge del Signore.
Tu hai dato i tuoi precetti
perché siano osservati fedelmente.
Siano diritte le mie vie,
nel custodire i tuoi decreti...
Apri gli occhi perché io veda
le meraviglie della tua legge...".
Ed ancora:
"Indicami Signore, la via dei tuoi precetti
e la seguirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
e la custodisca con tutto il cuore"
(Ps 118,1-34).
L'idea racchiusa nei versetti di questo salmo è così
trasparente, che non richiede alcun commento.
Invece conviene aggiungere un breve commento alle parole del
libro del Siracide, nella prima lettura: "Se vuoi,
osserverai i comandamenti: l'essere fedele dipenderà dal tuo
buon volere. Egli ti ha posto davanti il fuoco e l'acqua; là
dove vuoi stenderai la tua mano. Davanti agli uomini stanno
la vita e la morte; a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà"
(Si 15,16-17).Il Siracide mette in evidenza lo stretto legame che esiste
tra comandamento e libera volontà dell'uomo: "Se vuoi...".
E allo stesso tempo manifesta che dalla scelta e dalla
decisione dell'uomo dipende il bene o il male, la vita o la
morte, s'intende nel significato spirituale.
L'osservanza dei comandamenti è la via del bene, la via
della vita. La loro trasgressione è la via del male, la via
della morte.
Ora passiamo al discorso della montagna nel Vangelo di oggi,
secondo san Matteo. Cristo dice prima: "Non pensate che
io sia venuto per abolire la legge (o i profeti); non sono
venuto per abolire, ma per dare compimento... Chi
trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e
insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato
minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li
insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei
cieli". E Cristo aggiunge: "Se la vostra giustizia non
supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete
nel regno dei cieli" (Mt 5,17-20).
Dunque sono importanti la legge, i comandamenti, le norme
non solo in se stessi, ma anche il modo di comprenderli, di
insegnarli, di osservarli. ciò deve essere davanti agli
occhi di tutti coloro che spiegano la legge di Dio e che
interpretano i principi della morale cristiana, in ogni
epoca e anche nell'epoca contemporanea.
E Cristo dà tre
esempi del comandamento e della sua
interpretazione nello spirito della Nuova alleanza. "Non
uccidere" (Mt 5,21). "Non commettere adulterio"
(Mt 5,27). "Non spergiurare" (Mt 5,33).
"Non uccidere": vuol dire non solo non togliere la
vita ad altri, ma anche non vivere nell'odio e nell'ira
verso gli altri.
"Non commettere adulterio": vuol dire non solo non
prendere la moglie d'altri, ma anche non desiderarla, non
commettere adulterio nel cuore.
"Non spergiurare...", "ma io vi dico: non giurate
affatto", ma sia il vostro parlare vero: "si, si; no,
no" (Mt 5,34 Mt 5,37).
Che cosa è il Vangelo? Che cosa è il discorso della
montagna? E' forse soltanto un "codice di morale?".
Certamente si. E' un codice della morale cristiana. Indica
le principali esigenze etiche. Ma è di più: indica anche la
via della perfezione.
Questa via corrisponde alla natura della libertà umana: alla
libera volontà. L'uomo infatti, con la sua libera volontà,
può scegliere non soltanto tra il bene e il male, ma anche
tra "il bene" "il meglio" e il "più" nell'ambito della
morale, anche per non discendere verso "il meno bene" o
addirittura verso il "male". Infatti, come continua il libro
del Siracide: "Grande infatti è la sapienza del Signore,
egli è onnipotente e vede tutto. I suoi occhi su coloro che
lo temono, egli conosce ogni azione degli uomini. Egli non
ha comandato a nessuno di essere empio e non ha dato a
nessuno il permesso di peccare" (Si 15,18-20).
E san Paolo va oltre, quando nella prima lettera ai Corinzi
scrive: "Tra i perfetti parliamo, si, di sapienza...;
parliamo di una sapienza divina, misteriosa, che è rimasta
nascosta, e che Dio ha preordinato prima dei secoli per la
nostra gloria. Nessuno dei dominatori di questo mondo ha
potuto conoscerla" (1Co 2,6-8).
Quelle cose che Dio ha preparato per coloro che lo
amano "a
noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito
infatti scruta ogni cosa, anche le profondità di Dio" (1Co
2,10).
Cari parrocchiani della comunità romana dedicata a
Sant'Ippolito! Le notizie sicure sulla vita e l'opera del
vostro patrono, come saprete, purtroppo scarseggiano, e
tuttavia conosciamo con certezza quel fatto che, da solo,
basta già a provare la grandezza della sua vita e della sua
santità: il martirio insieme con il Papa Ponziano.
Quale che sia stata la vita precedente di Ippolito, egli ha
saputo giungere alla vetta della santità esemplare con quel
gesto supremo d'amore a Cristo e al Suo Vicario in terra. Il
suo esempio è quindi motivo di incoraggiamento e di speranza
anche per voi.
Voglio salutare per ora tutti i presenti: il Cardinale
Vicario, il Vescovo del settore, Monsignor Alessandro Plotti,
il Parroco, Padre Maurilio Beltramo, la comunità dei frati
Cappuccini, le suore Sacramentine, gli altri sacerdoti e
religiosi, che collaborano all'attività parrocchiale, tutti
i gruppi, e il popolo di Dio di questa porzione di Chiesa,
anzi di questa piccola Chiesa che è la parrocchia, immagine
e segno della Chiesa universale sparsa in tutto il mondo.
La parrocchia è il tramite normale e concreto attraverso il
quale gli uomini possono conoscere la grande e misteriosa
realtà della Chiesa universale. Da qui la perenne necessità,
da parte della parrocchia, di presentare, con la sua stessa
esistenza, al mondo, un'immagine la più fedele possibile
alla Chiesa universale, contribuendo attivamente e
responsabilmente alla sua costruzione e al suo sviluppo.
So che la vostra popolazione parrocchiale è molto numerosa e
composita dal punto di vista dei ceti sociali e delle
professioni. La messe è dunque abbondante per gli operai del
Vangelo. So anche che tra voi le iniziative, i gruppi, le
attività non mancano. Raccomando che questo vostro
pluralismo vivace e rigoglioso sappia sempre estrinsecarsi
sulla base di una indiscussa fedeltà agli autentici principi
di unità nella fede e nella carità, in comunione con i
vostri pastori. Tali principi infatti fondano la vera
efficacia delle molteplici e diverse attività.
"Beato l'uomo di integra condotta, che cammina nella
legge del Signore". Che queste parole, prese dalla
liturgia odierna, rimangano in voi, cari fratelli e sorelle,
come espressione dei fervidi auguri che vi fa il Vescovo di
Roma in occasione della visita odierna.
Cercate Dio, seguite le strade della verità e dell'amore:
seguitele secondo i principi della morale cristiana, secondo
la luce dell'eterna sapienza di Dio.
E che i vostri cuori non cessino di essere sempre aperti
all'azione dello Spirito Santo che "scruta ogni cosa,
anche le profondità di Dio".
Amen.
Incontro con la Comunità Parrocchiale
Grazie di questa presentazione così accurata della
vostra realtà pastorale. Sono presenti qui anche i giovani
catechisti che hanno una speciale responsabilità nel
diffondere la Parola di Dio.
Vi auguro che questa responsabilità, la cui radice è
essenzialmente apostolica, vi faccia apostoli, vi faccia
veri cristiani; poiché è dovere primario del cristiano
essere anche apostolo, così come insegna il Concilio
Vaticano II. Al Consiglio pastorale spetta invece il compito
di far confluire tutte le forze vive della parrocchia in un
unico centro di riflessione e di orientamento, affinché i
vari elementi della comunità possano camminare insieme, al
fianco delle persone consacrate: i sacerdoti, le suore. Ecco
come deve operare il Consiglio pastorale, il suo scopo, la
cui responsabilità è appunto quella di creare l'unità, di
far si che tutta la comunità parrocchiale cammini insieme,
unendosi poi al cammino della prefettura, della diocesi,
della Chiesa universale.
Voglio dare una risposta non solo alle vostre
domande, ma anche e soprattutto alle vostre parole. La prima
di questa parole è la vostra presenza. Questa presenza è
significativa. Avete cantato un particolare molto
importante: "Noi siamo la festa" diceva la vostra canzone.
E' vero che voi siete la festa. L'umanità festeggia in voi
giovani il suo avvenire. E' sempre così: di generazione in
generazione l'umanità festeggia il suo avvenire, perché
l'umanità, l'uomo, passa e guarda sempre ai giovani perché
essi portano l'eredità dell'umanità per il futuro. Dipende
dunque da voi giovani di tutto il mondo, il futuro,
l'avvenire dell'umanità, delle nazioni, degli ambienti,
delle famiglie, della persona umana infine. Ma direi ancora
che Cristo festeggia in voi il anche suo mistero. Il mistero
di Cristo è naturalmente teocentrico, totalmente orientato
verso il Padre. Ma allo stesso tempo è anche
antropocentrico, centrato cioè sull'uomo. Il fatto che Dio
si è fatto uomo pone in rilievo la realtà umana.
Dobbiamo dunque chiederci cos'è questo "uomo" se il Figlio
di Dio ha scelto di essere uomo. Io ho fermato le mie
riflessioni e ho incentrato la mia prima enciclica, la "Redemptor
Hominis", proprio su questa meraviglia. Ci meraviglia perché
dobbiamo meravigliarci, dobbiamo ammirare il fatto che
Iddio, il Figlio di Dio, si è fatto uomo. Dio festeggia in
noi il suo mistero. Questo è il mistero dell'Incarnazione.
Questo è il mistero della Redenzione. Ed ecco la risposta
alla domanda sull'Anno della Redenzione. Dobbiamo sempre
ritornare a questo mistero della Redenzione. Vi sono alcuni
anniversari attraverso i quali siamo chiamati a riflettere
particolarmente su alcuni episodi. E questo anno ricorrono
1950 anni dalla Redenzione. Naturalmente la Chiesa vive
sempre la Redenzione. In questo anno pero ci viene l'invito
a ritrovare questa Redenzione, a scoprire la sua profondità.
così Cristo vive in noi il mistero della sua Redenzione, il
mistero della sua sposa cioè della sua Chiesa. E vive in noi
il mistero escatologico a cui ci ha preparato con il suo
Vangelo, con la sua morte e specialmente con la sua
risurrezione. Mistero escatologico: futuro dell'uomo; Regno
di Dio. Io penso che le diverse domande che voi mi avete
posto possono ben inquadrarsi in questo insieme.
E veniamo alle domande. Il cammino ecumenico. E' questo il
cammino che come cristiani dobbiamo compiere se vogliamo
essere fedeli alla consegna di Cristo. Cristo chiede a noi
l'unità. La chiede a noi suoi discepoli. Per questo dobbiamo
compiere questo sforzo ecumenico per essere fedeli a Cristo,
per festeggiare il mistero di Cristo nella sua Chiesa, in
quella Chiesa che è la sua sposa. Una Chiesa che è insieme
popolo di Dio. E la sposa non è divisa; ma il popolo di Dio
è diviso. Per questo deve cercare le strade dell'unità. E
speriamo che i discorsi portino i loro frutti.
Proseguendo nelle risposte devo dire che la Chiesa è oggi
preoccupata per l'umanità, per la sopravvivenza
dell'umanità. In diversi modi la sopravvivenza viene
minacciata; dalla guerra specialmente, dalla spirale degli
armamenti nucleari. Noi ci opponiamo naturalmente a questa
"spirale" e cerchiamo in tutti i modi a noi possibili di
persuadere di non aumentare i mezzi dell'autodistruzione
dell'umanità. Ma la preoccupazione ancora più grande è la
situazione di ingiustizia dovuta al divario che esiste tra
quella parte dell'umanità che concentra tutti i mezzi della
ricchezza nelle sue mani, anzi la concentra sempre di più, e
l'altra parte dell'umanità che soffre la fame. Questa è la
prima preoccupazione della Chiesa.
Venendo poi al problema dell'obiezione di coscienza credo
che dimostrino maturità quegli Stati i quali sono capaci di
accettare per i giovani una forma di servizio pubblico che
non sia il servizio militare, permettendo che si possa
sostituire l'uno con l'altro. Per rafforzare ancor più
questo aspetto voglio ricordare una persona cara, molto cara
al mio popolo. Era un tedesco. Un soldato tedesco. Aveva
ricevuto il comando di uccidere dei civili durante la
guerra. Si rifiuto di farlo e fu ucciso. La sua tomba è
rimasta accanto a quel popolo meritandosi la fama di un
servo di Dio. I miei connazionali vanno sempre alla sua
tomba per venerare questo giovane.
Non voglio prolungarmi oltre. Voglio concludere. Voi siete
dunque la festa. Io ho cercato di approfondire il senso
dell'affermazione di Cristo che festeggia in voi il suo
mistero. Il mistero dell'Incarnazione e della Redenzione.
Cristo vuol festeggiare in voi la sua grazia, il mistero
della sua grazia. Questo mistero intimo è il mistero tra il
nostro spirito umano e lo Spirito Santo che opera in noi
grazie alla Redenzione di Cristo. Io vi auguro questa festa.
Ve la auguro come comunità, come comunità di giovani.
Saluto finale
Io voglio ringraziare per quest'incontro che conclude la
visita alla vostra parrocchia di Sant'Ippolito. Saluto tutti
i gruppi, così come il parroco vi ha presentati. Saluto e
auguro a ciascuno di trovare sempre più la propria identità
cristiana, il carisma proprio. Perché come hanno il loro
carisma le famiglie religiose, per esempio la famiglia
francescana, così anche i diversi gruppi dell'apostolato dei
laici hanno il loro carisma specifico.
Vi auguro di trovare sempre più questa identità e questo
carisma di gruppi apostolici laici. Questa di sant'Ippolito
è una grande parrocchia, numerosa, una massa di uomini, ma
anche una massa di cristiani perché penso che la gran parte
dei suoi abitanti siano battezzati. Gesù ci ha detto che la
Chiesa, il regno di Dio è simile al pane: per fare il pane
ci vuole anche il lievito. Ecco, io sono convinto che tutti
questi gruppi, quello carismatico, quello neocatecumenale,
siano il lievito che deve far crescere, umanamente e
cristianamente, la massa della parrocchia. Il lievito deve
penetrare sempre più perché la massa sia sempre più
cristiana, più responsabile del suo carattere cristiano, più
responsabile della sua identità cristiana.
Il vostro patrono, sant'Ippolito, fu martire. Martire vuol
dire testimone. E i cristiani devono essere testimoni di
Cristo, della sua croce, della sua risurrezione, della sua
fede, della sua speranza, della sua carità. Ecco, questo è
il lievito. Ed è una bella cosa se questo lievito vuole
espandersi, oltre i limiti della propria parrocchia e
arrivare fino in Turchia, come mi dicevate, per portare il
fermento del Vangelo anche ai non cristiani, in luoghi anche
un po' intransigenti, che si chiudono dinanzi al messaggio
evangelico. Vogliono andare là alcuni vostri fratelli, per
essere lievito in quelle masse, affinché tutta l'umanità sia
raggiunta dal lievito evangelico e diventare regno di Dio.
Auguro a tutti voi, specialmente a voi neocatecumenali, di
percorrere questo cammino con grande gioia e con grande
responsabilità, cercando sempre di aumentare e di ampliare
gli spazi della carità di Cristo nostro Signore e Redentore:
allargare gli spazi del regno di Dio, che in questo periodo
ha le sue radici, verso l'eternità, verso la casa del Padre:
e auguro a tutti di crescere nel regno di Dio, che nello
stesso tempo si trova dentro di noi, nel cuore di ciascuno
di noi e in quello di Cristo, e che ha la sua dimensione
esterna nella dimensione della famiglia. Voi siete una
porzione del regno di Dio, voi parrocchia di Sant'Ippolito.
Vi auguro di vivere la gioia cristiana, la responsabilità
cristiana, la fede, la speranza, la carità che in questo
mondo anticipano alla vita divina.
Giovanni Paolo II
|